CURIOSITE'

ARTICOLO INTRODUTTIVO AL SISTEMA ANALOGICO

di Gerardo Bonomo

Se pensiamo che Nièpce nel 1826 scattò la prima fotografia - tempo di posa 8 ore - , provare a sintetizzare duecento anni di storia della fotografia in un singolo articolo è impossibile.

Inizierei dicendo che la Fotografia sta per compiere 200 anni e che l’immagine di Nièpce è conservata presso l’Harry Ransom Center (300 West 21st Street, Austin, Texas 78712)
Nonostante il procedimento sia stato certamente estremamente più instabile, chimicamente, rispetto all’evoluzione e alla stabilità dei chimici e delle pellicole di questi 200 anni, quell’immagine non si è degradata.

Quindi abbiamo una prova CERTA che una stampa fotografica in bianco e nero ha un’aspettativa di vita di almeno due secoli.

E’ possibile che altre forme di riproduzione iconografica, come le varie branche della pittura, dall’olio all’affresco, hanno aspettative di vita maggiori.
E comunque solo per consecutio temporum.

Le pitture rupestri più antiche del mondo, invece si trovano in Spagna e sono opera dei Neanderthal, che le hanno decorate almeno 64.000 anni fa, ossia 20.000 anni prima dell'homo Sapiens.
Sono state ritrovate anche le conchiglie usate per mescolare i colori, che risalgono a 115.000 anni fa.
Le incisioni rupestri sono coeve.

Duecento anni sono quindi nulla, ma è già un buon punto di partenza, quantomeno per confermare che una stampa fotografica baritata, se correttamente conservata, dovrebbe sopravviverci, anche se facessimo una dieta ferrea a base di yogurt

La persona registrata come più longeva da quando sono iniziate le statistiche è una donna, Jeanne Calment, francese, vissuta 122 anni e 174 giorni.

Non scherzi a parte, se pensiamo all’evoluzione della fotografia, ovvero la registrazione delle immagini su un sensore dobbiamo pensare al “recente” 1975, quando un ricercatore della Kodak, Steven Sasson, inizia a lavorare ad un’invenzione rivoluzionaria: la prima fotocamera digitale, che aveva l’ambizione di superare la pellicola, dando vita ad una nuova macchina fotografica che potesse digitalizzare le immagini appena scattate. Il primo prototipo di fotocamera digitale era in grado di riprodurre un’immagine ad una risoluzione di 0,01 megapixel e i dati erano registrati in una cassetta. Sasson lavorò sulla tecnologia CCD (Charged Coupled Device) che consisteva in un sensore in grado di catturare la luce in due dimensioni, trasformandola in segnale elettrico. Da lì il passo di digitalizzare le immagini, trasformando gli impulsi elettrici in segnale binario, fu breve.

Nel 1978 venne depositato il brevetto, ma ci vollero ancora alcuni anni di studi e ricerche affinché la qualità dell’immagine divenisse abbastanza di qualità da permettere alle macchine fotografiche digitali di essere commercializzate.

Ma la prima macchina digitale uscita sul mercato nel 1981 fu la Sony Mavica FD5 ( (Magnetic Video Camera) presentata dal fondatore di Sony, Akio Morita - laureato in fisica, - certo che abbia partecipato di persona al progetto - , che utilizzava, come supporto di memoria un floppy disk. Le immagini prodotte avevano una risoluzione di 570 × 490 pixels e, ancora, alcune delle funzionalità che oggi sono diventate la regola, non lo sono state per lungo tempo, come ad esempio la possibilità di vedere le immagini scattate direttamente sul display della macchina.

La fotocamera LSST è la più grande al mondo. Il suo sensore misura 64 centimetri e offre 3200 megapixel. L'obiettivo ha un diametro di 157 centimetri. La fotocamera è stata costruita dal Centro di Accelerazione Lineare di Stanford (SLAC)

Hasselblad è arrivata a sensori con risoluzione effettiva di 100MP…

Quindi anche il digitale comincia ad avere i suoi anni, ma ancora non esistono, solo per motivi di i invenzione più recente, stampe tratte da file digitali che abbiano 200 anni, come nella fotografia analogica.

Perché tutti questi divagamenti: perché la Fotografia è un atto sacro, è l’unico sistema esistente al mondo per fermare l’istante, il Tempo, quindi per immortalare le persone, i luoghi - la seconda possibilità è quella di prendere a martellate il proprio orologio, che continuerà comunque a segnare l’ora esatta con una precisione assoluta ben due volte ogni 24 ore… -

Pensiamo al restauro della basilica superiore di Assisi e degli affreschi di Giotto che si è reso necessario per rimediare ai danni cagionati dal terremoto che ha coinvolto l'area nel 1997

A seguito dei danni causati dalle scosse, la basilica venne chiusa al pubblico per interventi di conservazione e restauro. Due degli otto santi contigui alla controfacciata, i Santi Rufino e Vittorino, furono riposti sulla volta. Vennero raccolti oltre 300.000 frammenti in corrispondenza dell'arcone dei santi e della vicina vela di San Girolamo, come della vela stellata e di quella di San Matteo. A questa prima fase ne è seguita una successiva, la selezione dei frammenti che veniva eseguita in base alle sfumature e al colore. Successivamente si è passati al riconoscimento fotografico, seguito da tentativi di individuazione, in base ai punti di frattura, dei possibili punti di attacco.
Indispensabile è stato l'aiuto delle fotografie scattate prima del terremoto e la loro stampa a grandezza naturale, sulle quali si poterono effettuare le prove di rispondenza dei frammenti.

Ancora un esempio: la collezione del museo del Louvre vanta più di 35.000 opere esposte al pubblico, ma sono 620.694 le opere totali affidate alla sua custodia. Tutte sono state fotografate direttamente dal museo anche in bianco e nero e stampate su carta baritata, la maggior parte sono state fotografate anche a colori.
Il motivo: ad oggi una stampa bianco e nero fine art, correttamente conservata, ha più aspettativa di vita di una stampa a colori.

Fatte queste premesse, ancora oggi, l’approccio fotografico in bianco e nero comporta una serie di conoscenze che sono alla base anche della fotografia a colori e digitale.

Gamma dinamica, gamma tonale, scelta della pellicola idonea e del tipo di illuminazione, composizione su treppiedi, bracketing di esposizione e di fuoco ( aumentare o diminuire la profondità di campo ). Scelta dello sviluppo idoneo, stampa sotto l’ingranditore anticipata da diversi provini per valutare la corretta esposizione e il corretto contrasto.

A differenza del digitale, lo scatto su pellicola è cieco, i Neanderthal 65.000 anni fa quando dipingevano vedevano la realizzazione delle proprie “opere”, fotografando su pellicola questa si rivela solo dopo lo sviluppo, e occorre la stampa sotto l’ingranditore per rivelare l’immagine in positivo.
La fotografia analogica corretta - cieca - è quindi più complessa di un incisione rupestre di 65.000 anni fa

E’ evidente che istintivamente mentre si sceglie il soggetto, lo si illumina, o usando la luce naturale o i flash, si sceglie la composizione, il corretto diaframma e relativo tempo di scatto, la consapevolezza aumenta da un lato, dall’altro la procedura a “bassa tecnologia” che non ammette errori finché il negativo non è fissato, obbliga a tempi più lunghi che sono più a misura d’uomo, che sono più naturali, come camminare piuttosto che anche andare solo in bicicletta e che permettono quindi un’osservazione e relativa cattura di un frammento della realtà che consente al cervello e anche all’intenzionalità di chi scatta una foto, tempi di esecuzione più a misura d’uomo.

Scattare in bianco e nero mette le basi per eventuali altri sistemi di acquisizione, come la fotografia a colori o digitale, quest’ultima apparentemente avvantaggiata dal fatto che potendo rivedere immediatamente le immagini è possibile rifarla se non idoneo - ma in analogico questa procedura veniva fatta con il prescatto in Polaroid, con la fotografia istantanea - e in seconda battuta con la possibilità di correggere in post produzione anche errori importanti inerenti soprattutto all’esposizione.

Un’altra differenza sostanziale rispetto alla pittura è che lo strumento, la fotocamera, e il medium, la pellicola, riproducono istantaneamente e in modo estremamente realistico la realtà.

E’ quindi molto più difficile interpretare la realtà con una fotografia piuttosto che con un quadro perché la fotografia nasce per una riproduzione “servile” e il più aderente possibile alla realtà.

Se a questo aggiungiamo la perdita della tridimensionalità, tipica della visione umana e, nel caso della fotografia in bianco e nero, l’assenza del colore, la semplice riproduzione o anche l’interpretazione della realtà sono enormemente più difficili
La fotografia in bianco e nero è quindi propedeutica a tutti gli altri sistemi di riproduzione fotografica, fotografiamo, quindi - dal greco, scriviamo con la luce, ottenendo solo ombre, luminanze e una gamma dinamica, ovvero una scala tonale di grigi che va a “riprodurre” i colori.

Fortunatamente un sistema infinitamente più complesso - il gruppo occhio/cervello- , ovvero l’elaborazione della visione di una fotografia attraverso l’osservazione e l’elaborazione attraverso il cervello consentono di colmare le immense lacune che sono la bidimensionalità e la monocromaticità di una stampa in bianco e nero.

Nel corso dei mie prossimi interventi renderò più chiara la pratica fotografica bianco e nero andando ad analizzare tutti gli aspetti, dall’osservazione del soggetto alla scelta dello stesso, dall’inquadratura allo studio della luce e la relativa risultanza nell’accoppiata tempo/diaframma. Passerò poi alla spiegazione dello sviluppo del negativo e alla stampa sotto l’ingranditore.

Per ora limitatevi a questi tre aspetti: consapevolezza, capacità di guardare prima la realtà, osservarla in seconda battuta per andare a scegliere il soggetto, l’altezza del punto di vista della fotocamera rispetto al soggetto, e la scelta di una parte della realtà che vi trovare a guardare.

L’essere umano deve fare i conti non solo con quello che osserva direttamente, ma anche con la visione periferica: I limiti esterni della visione periferica corrispondono ai confini dell'intero campo visivo.

Per un singolo occhio, l'estensione del campo visivo può essere definita in termini di quattro angoli, ognuno misurato dal punto di fissazione, i.e., il punto su cui è focalizzato lo sguardo. Questi angoli, che rappresentano le quattro direzioni cardinali, sono 60º il superiore (up), 60º nasale (verso il naso), 70-75º l'inferiore (down) e 100-110º temporale (lontano dal naso verso la tempia). Per entrambi gli occhi, il campo visivo combinato è 130-135º in verticale e 200-220º in orizzontale.
Pensiamo che l’angolo di campo di un 90mm corrisponde a 15,2 gradi in orizzontale e 22,6 gradi sul lato lungo…

Una fotocamera panoramica di solito arriva a un angolo di campo di 44 gradi in verticale e 110 in orizzontale, siamo ben lontani dalla visione umana e va quindi da subito compreso che una fotografia sarà sempre una porzione della realtà che ci fronteggia, una buona fotografia dipenderà dalla scelta dell’inquadratura, ovvero da quanto escluderemo del soggetto che ci fronteggia, sia esso un panorama, un oggetto o una figura umana: quello che non includiamo nell’inquadratura deve essere “intuìto” da chi guarda la fotografia

La cosa non è semplice, ma da sempre l’essere umano, per sua natura tende a misurarsi con la realtà e a risolvere i problemi che la realtà gli pone a ogni istante obbligandolo a scelte consapevoli ed efficaci.

Alla prossima.

Cordialmente

Gerardo Bonomo

Milano, 23 giugno 2024


PDF: ARTICOLO INTRODUTTIVO AL SISTEMA ANALOGICO (con foto)