DIALOGUE

VIDEOGRAFARE, AIGRAFARE O… FOTOGRAFARE?

a cura di Guido Bartoli

ALCUNE RIFLESSIONI IN LIBERTÀ…

PARTIAMO DALL’INIZIO, DALL’INIZIO PER ME.
FOTOGRAFIA SIGNIFICA “SCRIVERE CON LA LUCE”, QUINDI QUALSIASI METODO USIAMO PER REGISTRARE I RAGGI DI LUCE È “FOTOGRAFIA”: “SCRIVIAMO” DELL’INFORMAZIONE VEICOLATA DALLA LUCE UTILIZZANDO UN SUPPORTO O UN SISTEMA DI ACQUISIZIONE, COME POSSONO ESSERLO L’EMULSIONE FOTOSENSIBILE E IL SENSORE DIGITALE CCD O CMOS.

FOTOGRAFIA
Il soggetto dirige luce verso la fotocamera e questa registra.
Man Ray e altri utilizzarono l’emulsione sensibile senza la fotocamera, registrando le ombre e le silhouette degli oggetti. Li chiamiamo rayogrammi ma sono comunque delle “fotografie”. La luce ha “scritto”, ha impresso qualcosa.
Nella mia mostra e nel libro Le verifiche 2.0 ho utilizzato uno scanner per ottenere un’immagine del mio volto. Questa è secondo me la più elementare immagine digitale ottenibile, una moderna versione dei rayogrammi.
Quando utilizziamo una fotocamera a pellicola utilizziamo un mirino per comporre l’immagine. Questo può essere il semplice vetro smerigliato della fotocamera a visione diretta, il Banco, che riporta l’immagine sottosopra e con i lati destra-sinistra invertiti. Se è una reflex c’è di mezzo uno specchio e magari un pentaprisma per raddrizzare l’immagine; se ha il mirino galileiano ci sono lenti; se ha il mirino a traguardo… neanche quelle.
Quando si fotografa in analogica, l’atto di premere il pulsante avviene prima che l’immagine sia registrata sulla pellicola. Usando una digitale reflex o a mirino ottico galileiano, l’atto di scattare avviene prima che la luce sia registrata, letta e processata dal software che scandaglia i pixel del sensore.
Filosoficamente: prima vediamo l’immagine e poi la registriamo su pellicola, oppure la processiamo per farne un RAW, un TIFF o un JPEG.
In ogni caso quello che vediamo nel mirino sono i raggi di luce riflessi o emessi dal soggetto.

VIDEOGRAFIA
E con le mirrorless?
Qui cambia tutto.
Tecnicamente le mirrorless sono un ibrido fra la fotocamera e la telecamera, nel senso che hanno la forma di una fotocamera ma l’hardware e il software di una telecamera.
Non c’è un mirino: la luce attraversa l’obiettivo e l’immagine veicolata viene registrata dal sensore, letta dal software, processata secondo le impostazioni scelte, quindi proiettata su uno schermo LCD (situato sul dorso e visibile anche in luce ambiente, oppure posto all’interno di un mirino che lo scherma dalla luce e ingrandisce la sua immagine per renderla visibile a un occhio umano).
Il flusso delle immagini è a frequenza superiore a quella limite dell’occhio per la percezione del movimento, come per il cinema, maggiore o uguale ai famosi 25 fotogrammi al secondo.
Al momento in cui decidiamo di scattare, di fatto, diamo alla macchina il comando di registrare un “fermo immagine”, proprio come faremmo con una telecamera.
Queste fotocamere, come le reflex C-MOS usate in live-view, possono produrre anche un filmato.
Hanno un vantaggio: quello che vediamo nel mirino è quello che viene registrato, in quanto l’immagine è già stata processata. Quindi di notte si vede molto bene il soggetto, anche con poca luce.
Hanno uno svantaggio: quello che vediamo nel mirino NON è la realtà, è una rappresentazione video. Il fotografo è come un video-operatore: guarda un filmato in streaming e sceglie un fotogramma.

SVILUPPO E ELABORAZIONE
Poi con il digitale passiamo alla post-produzione. Sempre.
Quando nella fotocamera si ricava un JPEG essa ha di fatto scattato un RAW e lo ha processato secondo le impostazioni che abbiamo dato ai singoli comandi. Poi ha cancellato dalla cache il RAW. Un gran peccato, uno spreco!
Questa è la grande differenza fra la fotografia analogica e la digitale: l’emulsione registra e basta, la post-produzione si fa SEMPRE fuori dalla fotocamera in sede di trattamento/stampa (anche quando si biascica un Polaroid lo si fa durante lo sviluppo); nella digitale la post-produzione si fa già in macchina, SEMPRE. Poi magari si continua nel computer.
Tenete presente che anche quando si registra un RAW nella fotocamera vengono applicati degli algoritmi di ottimizzazione. Con la pellicola mai.

AIGRAFIA
E con la AI?
Qui dobbiamo distinguere due casi precisi che fanno molta differenza:
1 - immagini create con prompt testuale e basta
Per queste NON possiamo parlare di immagini fotografiche ma di immagini GRAFICHE IPERREALISTE CREATE STATISTICAMENTE DA UN ALGORITMO.
2 - immagini ottenute partendo da una o più immagini fotografiche digitali esistenti e modificata/e a seguito di un prompt testuale
Sono immagini fotografiche digitali su cui un bot ha eseguito una post-produzione secondo le specifiche istruzioni dell’operatore (che può essere o non essere il fotografo) che impartisce all’algoritmo le istruzioni su cosa e come fare. Sono quindi fotografie ad elevato tasso di elaborazione, che può anche arrivare a stravolgere completamente lo scatto, a cambiarne totalmente il contesto.

A mio avviso la fotografia digitale, che già ora vive moltissimo di post-produzione, sarà sempre più contaminata dall’esecuzione da parte dei bot di una post-produzione sempre più rapida, fotorealistica, precisa.
Dove voglio arrivare?
Beh a stimolare idee, discussioni, pareri… a fare in modo che ognuno si collochi nel segmento o nei segmenti che a lui sono più congeniali lavorativamente o per il suo hobby o per la sua arte.
Se poi pensate che solo la fotografia analogica è quella pura e non contaminata… beh pensate a come abbiamo sempre “smanacciato” sotto il raggio di luce dell’ingranditore per fare le mascherature e le bruciature che rendono migliore una stampa eseguita da un abile stampatore.

MEDITATE GENTE, MEDITATE!
E SOPRATTUTTO SCATTATE, CHE FOTOGRAFARE NOBILITA L’UOMO.

BUONA LUCE A TUTTI!

1 Commento

  1. pier maria25/09/2024

    Ciao, parlo da fotoamatore ormai anzianotto (non da professionista), da qualche anno scatto quasi sempre in bianco e nero con una mezzo formato Olympus Pen, 72 fotogrammi ogni rullino, ne sviluppo due alla volta, quindi normalmente ogni due settimane. Tutto questo per dire che l'attesa , il tempo che passa, il dubbio sulla riuscita, i gesti rituali, la sorpresa, sono cose a cui non rinuncerei in favore dell'immediatezza digitale. Ho avuto una reflex digitale anni fa, la resa finale molto più definita e perfetta, ma non riusciva a scaldarmi.
    Poi un'altra cosa, secondo me forse la più importante: la visione. Uso un mirino Sbooi della Leica, per l'obiettivo normale 50mm. sul 24x36, messo in verticale per adattarsi alla camera, e il guardare con due occhi aperti spostando la cornice su quello che interessa già da solo è estremamente appagante, concede una naturalezza dello sguardo che riempie .

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