FOTOCAMERA E FOTOGRAFIA
FOTOCAMERA E FOTOGRAFIA
Giunti ormai alle soglie dei duecento anni da quando Niépce fissò per la prima volta un’immagine su un supporto stabile, e trascendendo naturalmente dal digital imaging che richiederebbe un ben diverso articolo, una fotografia argentica, in questo caso una eliografia, ha dato prova di resistere per almeno duecento anni - la prima foto di Niépce è ancora visibile. L'originale è conservato ora nella stanza principale in esposizione all'Harry Ransom Center dell'Università del Texas a Austin.
In questi duecento anni l’evoluzione dello strumento fotografico e dei medium ad essi collegati è stata incredibile.
Sono cambiati appunto i medium, e il rollfilm ha permesso da un lato di ridurre l’ingombro della fotocamera, dall’altro di semplificarne l’uso e permettere “quasi” a chiunque di scattare fotografie.
A seguire, dopo l’invenzione della messa a fuoco a telemetro è seguita l’invenzione delle fotocamere reflex manual focus per arrivare all’apice, prima che il digitale concentrasse l’evoluzione della fotocamera su altri fronti, dell’autofocus.
Mi riesce difficile immaginare quante centinaia (?) migliaia (?) di differenti modelli siano stati prodotti e in quale quantità.
E’ indubbio comunque che la fotocamera rimane un oggetto a dir poco affascinante. Moltissime persone ne posseggono più di una, vuoi per la differenziazione tra piccolo, medio e grande formato, vuoi perché alcuni modelli, a prescindere dal produttore, mettono a disposizione dell’utente soluzioni, invenzioni che lasciano a bocca aperta.
Ma la fotografia non è fatta solo di fotocamere, ma anche di pellicole, di immagini latenti
E queste immagini latenti devono essere sviluppate per rivelare, pur in negativo l’attimo fuggente che è stato colto dal fotografo.
Ma anche il negativo, una volta sviluppata, dovrebbe prendere, per coerenza, la strada della stampa sotto l’ingranditore, su carta politenata o baritata.
Complici innocenti i social, sono molte le persone che fanno sviluppare o sviluppano i propri negativi per poi farli scannerizzare, o scannerizzare in proprio e ottener poi un file digitale da pubblicare sui social.
Certo, attraverso i vari software il file digitale può essere migliorato, reso più nitido, più o meno contrastato; è possibile ritagliare l’immagine - questo si fa anche sotto l’ingranditore - per evidenziare meglio il soggetto.
Si può poi passare a delle situazioni limiti, difficili da realizzare sotto l’ingranditore, come la “rimozione” di oggetti indesiderati, piuttosto che un recupero nelle alte e nelle basse luci nuovamente molto difficili da realizzare attraverso l’ingranditore con le mascherature o le bruciature.
Al netto del Film Recorder che consente di trasferire il file digitale così lavorato su pellicola, per procedere poi alla stampa “autentica” sotto l’ingranditore, quando ci si ritrova tra le mani la scansione “edulcorata” l’unico modo per stamparla è passare dai sistemi di stampa digitali, come i plotter, le stampanti ink jet o a sublimazione.
Io credo che questa pratica faccia perdere coerenza all’atto fotografico argentico, che incomincia con la creazione dell’immagine latente e termina con la stampa sotto l’ingranditore.
Oggi, lo comprendo, è facile elaborare un’immagine attraverso il computer, non richiede né buio né molto spazio, così come è facile far sviluppare o sviluppare da sé i propri negativi - di nuovo lo spazio richiesto è esiguo e se non c’è il buio lo si crea attraverso la changing bag, una camicia di doppio tessuto nero che permette di avvolgere nella spirale della tank il negativo per poi procedere allo sviluppo in piena luce, in quanto le tank sono progettate per far passare i liquidi la non la luce.
Detto tutto questo sono molte le persone che sono affascinate dal proprio strumento fotografico argentico , o dai propri strumenti fotografici argentici, a volte non scattano neppure, la loro soddisfazione - comprensibile - si limita al possesso del o degli oggetti.
Senza contare che c’è uno strumento, sempre più efficace anche da un punto di vista fotografico, lo smartphone, che adombra persino l’uso della fotocamera digitale.
Ma la fotografia argentica rimane e permane, necessita di molte attenzioni, in fase di ripresa, di sviluppo e di stampa, ma rimane tuttora, se compiuto per intero, un sistema di riproduzione o interpretazione della realtà che non solo emoziona durante il percorso ma che restituisce emozioni uniche nel momento in cui si osserva una stampa fotografica argentica.
E’ indubbiamente una sfida: finché la pellicola non è sviluppata non si può sapere se l’inquadratura, la messa a fuoco e l’esposizione siano state corrette o comunque allineata desiderata del fotografo.
La stampa realizzata da terze parti è l’interpretazione di una persona, valente, che non è però il fotografo. La stampa realizzata con le proprie mani è l’interpretazione personale e diretta dell’intenzionalità del fotografo.
Quello argentico è un percorso faticoso, pieno di variabili - non dimentichiamo che la maggior parte delle fotocamere argentiche hanno almeno trent’anni di lavoro alle spalle, se non di più, che magari non hanno beneficiata della corretta e periodica manutenzione e possono quindi alla fine essere loro stesse la causa principale di errori non voluti di percorso.
Ma quando - e lo è nella maggior parte dei casi - tutto fila liscio, allora il possesso di una propria vera fotografia supera di gran lunga il possesso dello strumento.
Vi esorto quindi a riflettere su queste mie considerazioni, e guardare - sempre in tema argentico -come obiettivo finale, la stampa fotografica, piuttosto che il possesso - comprensibilissimo - dello strumento.
Tuffare nella bacinella di sviluppo il foglio bianco esposto e veder apparire dal nulla la propria immagine, non ha prezzo, e se vogliamo parlare di prezzo, è un prezzo molto, molto contenuto.
Continuate a compare macchine fotografiche, ma per lo scopo per cui sono state concepite, per usarle, e provare a spingervi oltre la scansione.
Stampate ( o fate stampare )
Milano, 27 agosto 2024
Gerardo Bonomo
Giunti ormai alle soglie dei duecento anni da quando Niépce fissò per la prima volta un’immagine su un supporto stabile, e trascendendo naturalmente dal digital imaging che richiederebbe un ben diverso articolo, una fotografia argentica, in questo caso una eliografia, ha dato prova di resistere per almeno duecento anni - la prima foto di Niépce è ancora visibile. L'originale è conservato ora nella stanza principale in esposizione all'Harry Ransom Center dell'Università del Texas a Austin.
In questi duecento anni l’evoluzione dello strumento fotografico e dei medium ad essi collegati è stata incredibile.
Sono cambiati appunto i medium, e il rollfilm ha permesso da un lato di ridurre l’ingombro della fotocamera, dall’altro di semplificarne l’uso e permettere “quasi” a chiunque di scattare fotografie.
A seguire, dopo l’invenzione della messa a fuoco a telemetro è seguita l’invenzione delle fotocamere reflex manual focus per arrivare all’apice, prima che il digitale concentrasse l’evoluzione della fotocamera su altri fronti, dell’autofocus.
Mi riesce difficile immaginare quante centinaia (?) migliaia (?) di differenti modelli siano stati prodotti e in quale quantità.
E’ indubbio comunque che la fotocamera rimane un oggetto a dir poco affascinante. Moltissime persone ne posseggono più di una, vuoi per la differenziazione tra piccolo, medio e grande formato, vuoi perché alcuni modelli, a prescindere dal produttore, mettono a disposizione dell’utente soluzioni, invenzioni che lasciano a bocca aperta.
Ma la fotografia non è fatta solo di fotocamere, ma anche di pellicole, di immagini latenti
E queste immagini latenti devono essere sviluppate per rivelare, pur in negativo l’attimo fuggente che è stato colto dal fotografo.
Ma anche il negativo, una volta sviluppata, dovrebbe prendere, per coerenza, la strada della stampa sotto l’ingranditore, su carta politenata o baritata.
Complici innocenti i social, sono molte le persone che fanno sviluppare o sviluppano i propri negativi per poi farli scannerizzare, o scannerizzare in proprio e ottener poi un file digitale da pubblicare sui social.
Certo, attraverso i vari software il file digitale può essere migliorato, reso più nitido, più o meno contrastato; è possibile ritagliare l’immagine - questo si fa anche sotto l’ingranditore - per evidenziare meglio il soggetto.
Si può poi passare a delle situazioni limiti, difficili da realizzare sotto l’ingranditore, come la “rimozione” di oggetti indesiderati, piuttosto che un recupero nelle alte e nelle basse luci nuovamente molto difficili da realizzare attraverso l’ingranditore con le mascherature o le bruciature.
Al netto del Film Recorder che consente di trasferire il file digitale così lavorato su pellicola, per procedere poi alla stampa “autentica” sotto l’ingranditore, quando ci si ritrova tra le mani la scansione “edulcorata” l’unico modo per stamparla è passare dai sistemi di stampa digitali, come i plotter, le stampanti ink jet o a sublimazione.
Io credo che questa pratica faccia perdere coerenza all’atto fotografico argentico, che incomincia con la creazione dell’immagine latente e termina con la stampa sotto l’ingranditore.
Oggi, lo comprendo, è facile elaborare un’immagine attraverso il computer, non richiede né buio né molto spazio, così come è facile far sviluppare o sviluppare da sé i propri negativi - di nuovo lo spazio richiesto è esiguo e se non c’è il buio lo si crea attraverso la changing bag, una camicia di doppio tessuto nero che permette di avvolgere nella spirale della tank il negativo per poi procedere allo sviluppo in piena luce, in quanto le tank sono progettate per far passare i liquidi la non la luce.
Detto tutto questo sono molte le persone che sono affascinate dal proprio strumento fotografico argentico , o dai propri strumenti fotografici argentici, a volte non scattano neppure, la loro soddisfazione - comprensibile - si limita al possesso del o degli oggetti.
Senza contare che c’è uno strumento, sempre più efficace anche da un punto di vista fotografico, lo smartphone, che adombra persino l’uso della fotocamera digitale.
Ma la fotografia argentica rimane e permane, necessita di molte attenzioni, in fase di ripresa, di sviluppo e di stampa, ma rimane tuttora, se compiuto per intero, un sistema di riproduzione o interpretazione della realtà che non solo emoziona durante il percorso ma che restituisce emozioni uniche nel momento in cui si osserva una stampa fotografica argentica.
E’ indubbiamente una sfida: finché la pellicola non è sviluppata non si può sapere se l’inquadratura, la messa a fuoco e l’esposizione siano state corrette o comunque allineata desiderata del fotografo.
La stampa realizzata da terze parti è l’interpretazione di una persona, valente, che non è però il fotografo. La stampa realizzata con le proprie mani è l’interpretazione personale e diretta dell’intenzionalità del fotografo.
Quello argentico è un percorso faticoso, pieno di variabili - non dimentichiamo che la maggior parte delle fotocamere argentiche hanno almeno trent’anni di lavoro alle spalle, se non di più, che magari non hanno beneficiata della corretta e periodica manutenzione e possono quindi alla fine essere loro stesse la causa principale di errori non voluti di percorso.
Ma quando - e lo è nella maggior parte dei casi - tutto fila liscio, allora il possesso di una propria vera fotografia supera di gran lunga il possesso dello strumento.
Vi esorto quindi a riflettere su queste mie considerazioni, e guardare - sempre in tema argentico -come obiettivo finale, la stampa fotografica, piuttosto che il possesso - comprensibilissimo - dello strumento.
Tuffare nella bacinella di sviluppo il foglio bianco esposto e veder apparire dal nulla la propria immagine, non ha prezzo, e se vogliamo parlare di prezzo, è un prezzo molto, molto contenuto.
Continuate a compare macchine fotografiche, ma per lo scopo per cui sono state concepite, per usarle, e provare a spingervi oltre la scansione.
Stampate ( o fate stampare )
Milano, 27 agosto 2024
Gerardo Bonomo