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L’esposizione perfetta, parte seconda. Gli esposimetri integrati nelle fotocamere

di Gerardo Bonomo
L’esposizione perfetta, parte seconda. Gli esposimetri integrati nelle fotocamere


Gli esposimetri integrati nella fotocamera hanno una fotocellula che può essere composta dai seguenti materiali.

Solfuro di cadmio, ormai andato in disuso, causa effetto memoria delle misurazioni precedenti

Selenio: adoperato soprattutto dalle Rolleiflex, non ha bisogno di batteria in quanto è il selenio stesso a generare la corrente che muoverò poi l’ago del galvanometro. Anche il selenio nel corso del tempo tende a esaurirsi, quindi da un lato c’è il vantaggio che non ha bisogno di batteria, dall’altro che una volta esausta, la cellula va sostituita

Silicio: è il materiale più performante, ha bisogno di una batteria di alimentazione ma, per esempio rispetto al solfuro di cadmio, è molto più sensibile alla radiazione rossa

Ben prima che gli esposimetri si diffondessero, sia i fabbricanti di pellicole che di fotocamere avevano ideato degli ideogrammi che aiutavano gli utenti a trovare la corretta accoppiata tempo/diaframma in base alla sensibilità della pellicola e alla scena inquadrata.
La regola del 16 era stampata in tutte le scatolette delle pellicole. Rolleiflex, per citare solo un esempio, aveva incollato sul dorso delle sue biottiche una chart di una estrema chiarezza che teneva conto anche del mese dell’anno.
In pratica la regola funziona così: a seconda della scena si imposta un diaframma sulla fotocamera, mentre il tempo di scatto deve equivalere alla sensibilità della pellicola. Anche diverse fotocamere entry level avevano sostituito la ghiera dei diaframmi con degli ideogrammi, sole, ombra, flash, che aiutassero l’utente a scegliere il diaframma più idoneo.
Agfa realizzò un esposimetro rotante in alluminio sul quale erano riportate le varie sensibilità delle pellicole, i tempi di scatto, i diaframmi, le condizioni della scena e i mesi dell’anno. Questo esposimetro non aveva cellule, funzionava a “intelligenza”.

Le fotocamere con mirino galileiano o a telemetro


La Minox GT ha staratura intenzionale dell’esposizione di +1. Un trucco: usarla rovesciata di 180 gradi in modo che lo sportello protegga la cellula dalla luce intensa della parte superiore del cielo, La Olympus Mju II è completamente automatica ha la cellula dell’esposimetro esterno, ma permette di selezionare l’area di misurazione della luce in modalità spot )
Ci riferiamo naturalmente alle macchine analogiche: i modelli con mirino galileiano o a telemetro - escluse le Leica M5, M6 e M7, hanno la fotocellula all’esterno dell’obiettivo, con un angolo di campo normalmente intorno ai 40 gradi; lo svantaggio è che non vedono esattamente l’immagine che dopo aver attraversato l’obiettivo andrà a colpire la pellicola, ma effettuerà una misurazione, in luce riflessa piuttosto generica
Le fotocamere reflex biottiche: luce incidente e luce riflessa a scelta

Sono pochissime le fotocamere che adottano questo sistema. Una è la biottica Rolleiflex la cui fotocellula, esterna e non TTL, al selenio, che non ha quindi bisogno di batterie reagisce alla luce riflessa se puntata verso il soggetto. Ma se sulla fotocellula si monta l’apposito Diffuseur ( una copertura di plastica bianca ) e ci si posiziona al posto del soggetto in direzione del punto dove ci troveremo quando scatteremo la fotografia, allora otterremo una misurazione in luce incidente

Le fotocamere reflex


I modelli reflex invece hanno esposimetri detti TTL ( Through the lens ) sono posizionati all’interno della fotocamera o nel pentaprisma e, sempre in luce riflessa, calcolano la luce che attraversa l’obiettivo, ovvero esclusivamente la luce che dell’inquadratura che il fotografo ha preparato attraverso la scelta dell’obiettivo e il posizionamento della fotocamera

Alcuni modelli a telemetro, come quelli citati di Leica, misurano la luce che viene riflessa da un bollino bianco posizionato sulla tendina. La misurazione quindi è TTL e l’accuratezza della misurazione è quasi assoluta, perché non misurano la luce riflessa ma la luce incidente.

Ma che differenza c’è tra luce riflessa e luce incidente?
L’abbiamo spiegato nel primo capitolo:la luce riflessa è quella appunto che viene riflessa dal soggetto, se il soggetto è chiaro, non perché molto illuminato ma perché chiaro di sua natura, come un muro bianco, l’esposizione inevitabilmente non sarà corretta ma sottoesposta ( ricordiamo che tutti gli esposimetri per luce riflessa sono tarati sul famoso cartoncino grigio Kodak Gray Card che riflette il 18% della luce
la luce incidente, invece, è quella che colpisce il soggetto, indipendentemente dal fatto che sia un soggetto chiaro o scuro, red è questa la luce che a noi interessa misurare, sarà intensa in una giornata di sole piena, più debole al crepuscolo, ma è su questo che ci dobbiamo basare

I sistemi di misurazione della luce riflessa delle reflex

Diverse reflex evolute permettono, pur in luce riflessa di scegliere tra tre differenti tipi di misurazione:

Spot: la macchina misura solo la luce al centro dell’immagine, dove va a cadere la corona di microprismi; è una misurazione molto selettiva, che non tiene conto, per esempio della luce del cielo, se non è posizionata al centro dell’immagine

Media ponderata al centro: la misurazione avviene prevalentemente al centro dell’immagine ma controlla anche circa il 60% dell’inquadratura

Multizona o matrix: l’esposimetro divide l’inquadratura in diverse zone, tiene conto della zona che è stata focheggiata e tiene conto anche del suo colore, parametra i dati con centinaia di scene che ha già memorizzato nella sua elettronica , misura la luce di ciascuna zona e fa una media. In alcune fotocamere la parte superiore del fotogramma viene misurata in modo inferiore, perché si dà per scontato che quella parte sia la più luminosa, cioè il cielo. Alcune fotocamere reflex, se si inquadra l’immagine in verticale, reimpostano l’esposimetro in modo che sia proprio la zona superiore ad essere meno inquadrata perché di nuovo si presume che in quella zona sia posizionato il cielo.
Sensibilità ISO

Indipendentemente dalle condizioni di illuminazione, l’esposimetro della fotocamera si tara in base alla sensibilità ISO della pellicola utilizzata
Nelle fotocamere digitali si superano ormai i 50.000 ISO/ASA. Nel mondo delle pellicola si parte da 12 ISO per arrivare a 6.500 ISO.
Una pellicola da 100 ISO ha una sensibilità doppia rispetto ai una 50 ISO. Tra 50 a 100 ISO, per fare un esempio ci sono i 64 e gli 80 ISO che corrispondono ad aumenti di sensibilità di 1/3.

Regolare la sensibilità della pellicola, manuale e codice DX

Alcune fotocamere hanno al loro interno dei contatti dorati che appoggiandosi alla parte in metallo del rullino, che è serigrafia con una serie di quadratini bianchi e neri fanno sì che la fotocamera, quindi l’esposimetro si setti automaticamente sulla sensibilità della pellicola: la scacchiera di quadratini bianchi e neri presenti sul rullino è internazionale e a seconda di come è composta, verrà letta dalla fotocamera, da qualsiasi fotocamera come l’effettiva sensibilità della pellicola

Manuale: Alcune fotocamere invece dispongono solo della regolazione manuale della sensibilità della pellicola: le sensibilità sono stampate su una ghiera che può essere sbloccata in modo da posizionare la sensibilità ISO corretta nel punto di riferimento. Altre fotocamere hanno sia la lettura DX che la possibilità di impostare la sensibilità manualmente
Codice DX

Altre fotocamere hanno solo la lettura DX. In questi casi, se la pellicola utilizzata non presenta la serigrafia del codice DX, la macchina in automatica imposterà la sensibilità o a 100 o a 200 ISO. Basta far riferimento al libretto di istruzioni
Manuale e codice DX. Altre fotocamere sono in grado di leggere il codice DX ma al contempo la sensibilità della pellicola utilizzata può essere impostata manualmente
Cosa è il codice DX
Molte fotocamere, come si vede nell'immagine, hanno dei contatti dorati che si appoggiano al rullino la cui serigrafia varia in quadrati bianchi e neri ( i bianchi conducono la corrente, i neri no ) e permettono all’esposimetro di tararsi automaticamente sulla sensibilità della pellicola inserita La maggior parte delle pellicole ha una serigrafia sul rullino fatto salvo per i rullini autobobinati e alcune pellicole particolari, come la Ferrania P33. Notate che tre differenti pellicole con la stessa sensibilità hanno lo stesso codice DX In basso una Rollei Superpan 200 e una Rollei Retro 400s hanno la litografia delle sensibilità differente. a destra la chart con tutti i codici DX


Modalità di esposizione

Una volta chiariti i pro e i contro degli esposimetri per luce riflessa integrati nelle fotocamere, vediamo di capire come esporre la nostra immagine. A seconda del tipo di fotocamere avremo uno o più mondi esporre l’immagine, ovvero di intervenire manualmente sul tempo di scatto e sul diaframma e/o lasciare che sia la macchina ad occuparsi di tutto

M Manuale ( M Manual ): l’esposimetro suggerisce una determinata accoppiata tempo diaframma mostrando dei LED o un ag mobile all’interno del mirino, suggerendo la corretta accoppiata tempo diaframma, ma sarà il fotografo a dover impostare manualmente sia il tempo che il diaframma

P Program ( P Programmed auto ): la macchina imposterò in automatico sia il tempo che il diaframma, a seconda del tipo di fotocamera l’accoppiata verrà mostrata su un display all’utente o non mostrata. A seconda del tipo di Program e se la macchina dispone di flash integrato, la macchina farà anche scattare in automatico il flash, in determinata condizioni, come forti controluce o luce scarsa. In alcune fotocamere è possibile bloccare l’impiego del flash

Priorità di diaframmi: l’utente imposta manualmente il diaframma, tenendo conto della luce ambiente e dalla necessità di avvalersi o meno della profondità di campo ( più il diaframma è chiuso e maggiore sarà l’estensione del fuoco sia davanti che dietro al punto di fuoco impostato dall’utente
Priorità di tempi: l’utente imposta il tempo di scatto desiderato e la fotocamera imposterà automaticamente in tempo.
Blocco AE. In alcune fotocamere è possibile inquadrare una parte del soggetto che si ritiene illuminata in modo più idoneo, bloccare l’esposizione ottenuto che il pulsate AE Lock, ricomporre l’immagine e scattare usando i parametri di tempo e diaframmi che sono stati bloccati prima dell’inquadratura finale. In alcune fotocamere per bloccare l’esposizione e a volte anche la messa a fuoco, se automatica, basta premere a metà il pulsante di scatto, ricomporre l’inquadratura e quando l’inquadratura è corretta spingere fino in fondo il pulsante di scatto

Priorità di tempi ( S Shutter-priority auto ): si imposta il tempo di scatto manualmente e la macchina in automatico selezionerà il diaframma ottimale per una corretta esposizione.

A seconda del tipo di fotocamera si potrà selezionare solo l’accoppiata tempo/diaframma Manuale, o a priorità di diaframmi ( Nikon la chiama con la A in verde Auto, o a priorità di tempi, Program, oltre a una serie di altri ideogrammi, Corsa, Macro, flash e altro dove la macchina privilegerà in completo automatismo il diaframma o il tempo ottimale per il tipo di foto che si intende scattare.

La staratura intenzionale dell’esposizione e Il bracketing

Quando per qualsiasi cosa si è incerti sul risultato finale, ovvero sulla corretta accoppiata tempo diaframma, il mio suggerimento è quello di effettuare una staratura intenzionale dell’esposizione o un bracketing. Di norma si usa un treppiedi, per non variare l’inquadratura e si mantiene fissa la messa a fuoco è il diaframma, responsabile della profondità di campo, variando il tempo di scatto.
Ipotizziamo che la si voglia lavorare a f/8 e l’esposimetro suggerisca un tempo di scatto di 1/60 di secondo. Andrebbe fatto un primo scatto a f/8 1/60, un secondo scatto a f/8 1/30 e un terzo scatto a f/8 1/125. In questo modo si sacrifica un poco di pellicola ma si è certi di portare a casa uno dei tre fotogrammi esposti perfettamente.
Il bracketing va effettuato esclusivamente quando è stata selezionata una modalità di scatto automatica o semiautomatica, come la priorità di tempi, di diaframmi o il Program. Una volta terminato il bracketing ( su questa Contax G 2 la staratura intenzione dell’esposizione è a terzi di stop. Quando invece è già chiaro che con la modalità selezionata la macchina tenderà a sotto o sovraesporre, e non si lavorare in Manuale, basterà starare l’esposizione, in questo caso da + 2 stop a - 2 stop e forzare la macchina in questo caso a usare un tempo di scatto più lungo o più breve rispetto a quello impostato dalla fotocamera
Il bracketing nelle fotocamere a pellicola più evolute.

E’ il caso per esempio della Nikon F 601 che non solo consente un bracketing da -5 a + 5 EV ( Exposure Value ) ma in sequenza fino a ben 7 fotogrammi. In questo caso le impostazioni vengono effettuate premendo una serie di bottoni posti sulla parte superiore della fotocamera e ruotando l’apposita ghiera. Una volta impostato il numero di scatti e l’intervallo di sotto o sovraesposizione, sempre mantenendo la fotocamera sul treppiedi per evitare cambi di inquadratura, basterà premere il pulsante di scatto per il numero di volte scelto dal numero degli scatti variati. La fotocamera provvederà a variare, in questo caso, il parametro scelto fino alla fine della sequenza. Qui il bracketing può essere applicato sia in modalità di scatto P che in priorità di tempi o di diaframmi. In questo caso il bracketing è stato realizzato su 5 fotogrammi, partendo da una sottoesposizione, a sinistra, per aumentare man mano l’esposizione

Mi auguro che l’articolo sia stato di vostro gradimento, nel prossimo parlerò degli esposimetri esterni
Milano, 19 settembre 2024 Gerardo Bonomo
www.gerardobonomo.it

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