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GLI ACCESSORI FOTOGRAFICI INDISPENSABILI IN RIPRESA parte seconda. A cura di Gerardo Bonomo

GLI ACCESSORI FOTOGRAFICI INDISPENSABILI IN RIPRESA parte seconda. A cura di Gerardo Bonomo
Eccoci alla seconda parte della “guida agli accessori fotografici.
Come ho anticipato nella prima parte, determinati accessori fotografici sono di importanza fondamentale, esattamente come la qualità della fotocamera e del o degli obiettivi che si stanno impiegando.
Cominciamo!


Il treppiedi
Il treppiedi, anche se l’ho relegato nella seconda parte di questa mini guida, lo ritengo personalmente un accessorio fondamentale. Per molti è considerato uno strumento necessario solo per effettuare lunghe esposizioni ma di fatto è altrettanto utile anche per comporre in modo più consapebole l’inquadratura - in determinati generi fotografici - e per effettuare eventuali bracketing della stessa inquadratura, variando per esempio il diaframma per avere una maggiore o minore profondità di campo, aggiungendo un filtro, per avere poi sia lo scatto effettuato con che senza filtro e , ovviamente, per realizzare degli autoscatti.
I migliori treppiedi sono realizzati in alluminio o in carbonio. Quest’ultimo è altrettanto robusto, molto più leggero e naturalmente molto più costoso. La leggereza la si appreza durante il trasporto ma durante l’uso avere un treppiedi più pesante dà più stabilità. I treppiedi sono disponibili di varie altezze, la minima non dovrebbe essere inferiore ai 150 cm e con differenti sezioni dele gambe. Maggiori sono le sezioni minore sarà la lunghezza da chiuso. Eistono treppiedi che vengono venduti già con la testa incorporata o con l’attacco maschio per aggiunegere la testa desiderata. E’ suggeribile , in alcuni casi inclusa nel kit, in altri disponibile come accessorio, la faretra per il trasporto; o slmeno una conghia che si aggancia al treppiedi per poterlo portare a spalla.

Le teste fotografiche.
Le principali teste fotografiche si divisono in tre classi:
a tre movimenti separati: sono le teste dove appunto sia la messa in bolla della fotocamera, che la rotazione sul suo asse che gli eventuali movimenti verso l’alto o vero il basso sono separati tra loro.
Micrometriche: anche queste teste hanno i tre movimenti separati ma in aggiunta i movimenti sono appunto micrometrici, quindi è posibile orientare la macchina sui tre assi di grado in grado. Sono più costose delle normali teste a tre movimenti o a quelle che vedremo tra poco, a sfera, ma sono anche quelle che io preferisco.
Oggi il 90% delle teste viene fornita con il famoso attacco tapido: è una piastra che si avvita alla fotocamera permettendo di sganciare istantaneamente la fotocamera dalla testa; se il prodotto è di un brand di buon livello, è anche possibile acquistare attacchi rapidi separati per dotare ogni fotocamera di un attacco rapido, in modo da poter passare da una fotocamera a un’altra senza neppur dover sganciare e riattaccare la piastra di attacco rapido alle varie fotocamere.


Il cartoncino grigio
Tutti gli esposimetri delle fotocamere sono tarati per misurare in luce riflessa una realtà che riflette, appunto, il 18% della luce. Se inquadriamo un muro bianco che riflette oltre il 90% della luce l’esposimetro della fotocamera ci indicherà una accoppiata tempo/diaframma che porterà immancabilmente a una foto sottoesposta. Se invece inquadriamo un soggetto scuro, non perchè scrasamente illuminato ma perchè riflette meno del 18% della luce - pensiamo per assurdo a un muro dipinto di nero, l’esposimetro della fotocamera ci darà un’accoppiata tempo/diaframma che porterà immancabilmente a una foto sovraesposta. Il cartoncino grigio, ingegnerizzato per la prima volta da Kodak ma disponibile anche prodotto daaltre case, riflettendo appunto il 18% della luce è la soluzione ideale: basta metterlo al posto del soggetto, inquadrare con la fotocamera solo il cartoncino grigio, e l’accoppiata tempo/diaframma suggerita dalla fotocamera ci permetterà di ottenere una esposizione perfetta.

Gli esposimetri esterni
Partendo dal concetto del cartoncino grigio abbiamo appurato che, a causa del fatto che le fotocamere misurano la luce riflessa dal soggetto, in diverse situazioni, paesaggi innevati, “muri neri….!” e comunque tutti quei soggetti che riflettono meno o più del 18% della luce che li colpisce mettono in errore l’esposimetro incorporato nella fotocamera.
Per ovviare a questo problema, e in modo più sofisticato, esistono da sempre gli esposimetri esterni. Gli esposimetri esterni hanno una cellula che converte la luce in un impulso elettrico che va poi ad agire su una scala graduata o su un display dando l’accoppiata/tempo diaframma.
La cellula una volta era in solfuro di cadmio (CDS) che necessita di una sorgente di alimentazione e nella maggior parte degli esposimetri vintage, come quello a sinistra nella foto, l’alimentazione è fornita da una batteria al mercurio da 1,35V. Le batterie al mercurio non sono più prodotte, quindi se si desidera acquistare un esposimetro vintage al solfuro di cadmio bisognerà anche predisporre un riduttore di tensione - sono disponibili - che porti la tensione delle odierne batterie a bottone alcaline da 1,5V a 1,35V. Si passa poi agli esposimetri di ultima generazione, la maggior parte dei quali lavorano con comuni batterie stilo e hanno la cellula realizzata il silicio, più performante del solfuro di cadmio. Alcune fotocamere, come le Rolleiflex sono dotate di esposimetri al selenio che hanno il grande vantaggio di non aver bisogno di alimentazione. Nel disegno a destra è raffigurata la differenza tra una lettura esposimetrica in luce riflessa e il luce incidente. La maggior parte degli esposimetri è dotata di una lumisfera bianca che, se posizionata davanti alla cellula dell’esposimetro, assorbe l’ 82% della luce, trasformando in questo modo l’esposimetro in un cartoncino grigio. Esattamente come usando il cartoncino grigio, l’esposizione con esposimetro esterno in luce incidente dà una misurazione assolutamente corretta. Alcuni esposimetri esterni, come quello raffigurato al centro dell’immagine, sono in grado di misurare anche la potenza della luce di un flash e arrivano, in luce continua, grazie all’elevata sensibilità della fotocellula a misurare la luce anche in condizioni crepuscolari, come 60 o più secondi. esistono poi esposimetri in grado di misurare la luce riflessa, grazie a un particolare mirino, con un angolo di campo di 1 solo grado; sono esposimetro che permettono, pur in luce riflessa, di misurare con accuratezza la luminanza delle varie parti della scena, per premettere poi di fare una media e scegliere la corretta accoppiata tempo/diaframma.

Le custodie fotografiche
Meriterebbero un articolo a sé stante….
Oltre a proteggere l’attrezzatura, le borse fotografiche, declinate ormai in centinaia di versioni, permettono di accedere alla propria attrezzatura fotografica in modo veloce e idoneo.
Oggi le borse fotografiche si dividono sostanzialmente in due categorie:
a spalla: sono le tradizionali borse fotografiche che possono essere portate a spalla o a tracolla; alcune sono realizzate in materiali resistenti all’acqua - intesa come pioggia . altre hanno al loro interno una rain cover che in caso di maltempo viene calzata sulla borsa per proteggerla. Alcune borse hanno delle aperture a fibbia o magnetiche, altre a zip: sono quelle che io preferisco perché non possono aprirsi per errore ma soprattutto sono un deterrente per gli amanti del furto con destrezza…. Il loro interno di norma è diviso in comparti mobili che a mezzo di strisce di velcro permettono di comporre la cubatura interna della borsa a piacere. Alcuni modelli sono anche espandibili.
Gli zaini fotografici: qui due sono le categorie, i monospalla, che hanno appunto un solo spallaccio per essere portate a spalla o a tracolla o - io gli preferisco - i classici zaini con due spallacci. Il grande vantaggio dello zaino è che tra i vari modelli sono disponibili anche quelli con una capienza superiore alle borse fotografiche; l’altro vantaggio è dato dal fatto che durante il trasporto il peso è meglio distribuito rispetto alla tradizionale borsa. Anche gli zaini hanno inserti con attacchi in velcro per modificare gli spazi e la cubatura interni e la maggior parte viene fornita con il rain cover per proteggere lo zaino in caso di pioggia.
Lo svantaggio dello zaino sta nel fatto che ogni volta che bisogna prendere la fotocamera o sostituite un obiettivo bisogna deporre lo zaino a terra e un altro svantaggio, rimediabile, sta nel fatto che posando sulle spalle non è sotto i nostri occhi e in situazioni affollate ci si ritrova ancora nelle condizioni del furto con destrezza. La soluzione sta nel portalo sul peto anziché sulla schiena.
Esistono poi marsupi fotografici e le cosiddette “fondine”, molto compatte servono a custodire e a proteggere una reflex con un obiettivo montato, disponibili in diverse misure per quasi ogni tipo di fotocamera con qualsiasi ottica montata - esclusi i teleobiettivi di una certa focale -.
Le cosiddette borse pronto, che una volta venivano fornite in dotazione con la fotocamera , portate a spalla o al collo, ed era - è - sufficiente sganciare la parte frontale per diventare operativi, sono diventate desuete. Fanno eccezioni marchi come Rolleiflex, la cui borsa pronto è un vero gioiellino , protegge la fotocamera e ne permette l’utilizzo semplicemente aprendo a 180 gradi la parte frontale della borsa.

Livella a bolla
L’ho sempre ritenuta un accessorio indispensabile. Anche se molti treppiedi e teste incorporano delle livelle a bolla, per sancire il perfetto livellamento sui tre assi di una fotocamera il prodotto migliore è la livella a bolla, di norma realizzata in plexiglass, che inserisce nella slitta a contatta caldo per il flash, presente nella maggior parte delle fotocamere.
Esistono diversi tipi di livelle a bolla, la più utilizzata è quella con due elementi annegati all’interno del plexiglass che permettono di livellare sia l’orizzonte che l’imbardamento della fotocamera; queste livelle hanno due zoccoli per essere posizionate sulla slitta porta flash, a seconda se si predispone la fotocamera in orizzontale o in verticale.
Esiste poi una livella più semplificata che permette di stazionare la macchina posizionando la bolla all’interno di un cerchio litografato sulla parte superiore, l’allineamento risulta perfetto, ma se dopo aver allineato l’orizzonte vogliamo puntare la fotocamera verso l’alto o verso il basso, la bolla esce dal suo riferimento e il controllo diventa più complesso.
Esiste poi una livella a bolla tripla, a forma di cubo, sempre in plexiglass, che al suo interno cela tre livelle a bolla; è utile quando si deve posizionare la fotocamera dalla posizione orizzontale a quella verticale: rispetto al modello con due bolle inserite all’interno, qui non è necessario sfilare la livella dalla slitta e riposizionarla; la lettura però non è così chiara come per la prima livella che ho descritto. Esistono infine delle livelle a bolla che si avvitano sul pulsate di scatto ma hanno il difetto di permettere il controllo dello stazionamento su tutti gli assi; nel momento in cui la macchina viene puntata verso l’alto o verso il basso, la livella esce dal suo riferimento e il controllo si fa più difficoltoso.
Ricordiamo che per stazionare perfettamente una fotocamera bisogna innanzitutto mettere in bolla il treppiedi usando, se disponibile, la livella inserita dal fabbricante sulla crociera, ovvero sotto la testa; a seguire si staziona la fotocamera usando la o le livelle, se presenti nella testa, e infine, il controllo finale lo si effettua con la livella abolla inserita nella slitta portaflash della fotocamera.

Lo scatto flessibile
Per evitare foto mosse non basta lavorare su treppiedi, è necessario anche uno scatto flessibile.
Lo scatto flessibile permette di attivare l’otturatore della fotocamera senza premere direttamente sul pulsante di scatti; ne esistono di diverse lunghezze. Lo scatto flessibile ha due posizionali: la prima gli permette di tenere aperto l’otturatore - la macchina deve essere impostata su posa B finché si tiene premuto lo scatto; la seconda permette di bloccare l’otturatore che si riaprirà agendo una seconda volta sulla testa dello scatto flessibile. Esistono anche scatti flessibili pneumatici, lunghi fino a cinque metri e più per applicazioni particolari, come le trappole fotografiche. Anche se molte fotocamere analogiche hanno poi deciso di dotarsi di scatti remoti dedicati, di solito elettrici con una presa particolare, qui ci siamo concentrati sugli scatti flessibili universali: l’attacco dello scatto, infatti, è compatibile con la filettatura presente sul pulsante di scatto di qualsiasi fotocamera.

Changing bag
Come diceva Helen Mirrer nel film Anna di Luc Besson: “ I problemi non ti avvisano “. Può succedere mentre si fotografa, soprattutto a pellicola, di “ogni”. Un esempio per tutti è la pellicola che s inceppa o si strappa. Che fare? Fermare il lavoro e tornare in camera oscura? Una soluzione più immediata e trasportabile è la changing bag, una sorta di doppia camicia nera con due zip di sicurezza e due imboccature a strangolo: prima si infila nella changing bag la fotocamera - si usa anche per caricare la pellicola nella spirale quando non si ha a disposizione una camera oscura - poi si infilano le mani fino ai gomiti nelle due aperture elasticizzate e si può lavorare anche sotto il sole di ferragosto al buio più completo, per esempio per aprire la fotocamera, recuperare la pellicola strappata e metterla al sicuro nel contenitore nero - non quello trasparente! - in cui viene venduto il rullino.

Pulizie estemporanee
Può capitare che durante uno shooting se sporchi la lente frontale, o un filtro. Avere sempre con sé un kit di pulizia é un valido rimedio, a cominciare dal Lens Cleaner monouso di Kodak, a contenitori spray per liquidi appositamente realizzati per la plizia delle lenti, un panno i micofibra che oltre ad essere riutilizzabile è possibile farlo tornare come nuovo semplicemente lavandolo con sapone e acqua molto calda; completa il corredo una piccola pompetta da usare per togliere eventualità impurità dalla lente frontale prima della pulizia e un pennello in martora nuovamente utile per eliminare polvere o granelli di sabbia dalla lente prima della pulizia con il panno in microfibra o i Lens Cleaner. 5 o 10 strappi di carta cucina possono essere utili per asciugare la fotocamera se dovesse bagnarsi leggermente in giornate piovose o in prossimità di sorgenti d’acqua.

Pannelli riflettenti
Sia nel ritratto che in altre situazioni, come lo still life, a volte è necessario rinforzare o modificare la luce ambiente, senza arrivare all’utilizzo del flash: Per queste situazioni si usano i pannelli riflettenti: si tratta di uno strumento composto da un materiale riflettente cucito intorno a un filo di acciaio armonico che gli permette di essere ripiegato su sé stesso. Ne esistono, una volta dispiegati, di diverse forme, da quella classica tonda a quella ovale ed ellittica. Di norma sono forniti in un kit che comprende una superficie riflettente bianca, una argentata, per consentire riflessi di luce più duri, una dorata - per scaldare la luce - e ancora una a pattern dorato e argentato, fino all’ultima, a velo, per smorzare la luce puntiforme del sole nei ritratti in giornate serene in cui, appunto, si vuole ammorbidire la luce diretta del sole. utili per schiarire zone in ombra, o per omogeneizzare la luce sul soggetto, o ancora per dare l’inconfondibile punto bianco al centro dell’occhio nei ritratti, punto bianco che restituisce al soggetto vitalità e naturalezza.
In chiusura, non dimentichiamoci mai, se vogliamo considerarli accessori, una buona scorta di pellicole, batterie, a seconda dei casi, per alimentare la fotocamera o l’esposimetro e, fidatevi, i libretti di istruzione dei vostri corredi

Alla prossima

Milano, 13 1 2025

Gerardo Bonomo

www.gerardobonomo.it

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